Ogni
tanto, apparentemente a caso, qualcuno se ne esce con la domanda: ma
chi ha fatto chiudere il Sans Souci e chi ha autorizzato la
trasformazione in condominio? In realtà non è un caso, succede
sempre quando io mi diverto a fanculare qualche ex amministratore per
le “cappelle” fatte che arriva il “finto tonto” di turno a
mollare il nero come le seppie nella speranza di confondere le acque.
Visto
che questa sera l'offerta televisiva è scarsa e che l'episodio del
Commissario Montalbano l'ho già visto mi rilasserò a darvi la mia
versione sulla vicenda Sans Souci, sfidando quei quattro pirla che
non conoscono la differenza tra una birreria e un albergo a
dimostrare il contrario.
Per
chi ancora non lo sapesse, ai tempi in cui l'edificio è stato
trasformato io ero l'assessore all'urbanistica e all'edilizia
privata.
Chiariamo
subito un punto fondamentale: una birreria non ha bisogno di nessuna
autorizzazione da parte del Comune per chiudere, casomai per aprire.
Il Sans Souci ha chiuso perchè la gestione non era remunerativa e su
questo nemmeno se il sindaco fosse stato Padre Pio si poteva fare
alcun che. Chi tra quelli che da trentanni si stracciano le vesti
per la perdita di una birreria così bella avrebbe potuto prendersela
in gestione invece di piangere inutilmente.
Il
Sans Souci non aveva nessun vincolo ne architettonico, storico o
monumentale ne di destinazione d'uso a parte la sala da ballo che in
prima battuta non fu interessata dalla ristrutturazione. Essere belli
spesso non basta.
I
piani superiori erano adibiti a residenza già all'epoca
dell'apertura del famoso locale. Il piano terra era classificato come
locale commerciale e di conseguenza per essere trasformato da
Birreria in negozi non ha avuto bisogno di nessuna autorizzazione da
parte di sindaci, assessori o funzionari vari. L'operazione
necessitava di semplice concessione edilizia per i lavori di
modifiche interne. Atto dovuto in quanto conformi al regolamento
edilizio. Stesso discorso per i piani superiori.
Come
dicevo l'unico vincolo era quello della sala da ballo che fu tolto
con una variante al piano regolatore da Marin, c'era da accontentare
un assessore trombato... e un amico di merende, quello delle merende
era l'ex “Pin Pon” di viale Regina Elena.
In
effetti un vano tentativo di mettere i bastoni tra le ruote alla
trasformazione lo tentammo. Prima attraverso la Sopraintendenza che
si mise a ridere alla nostra richiesta di porre un vincolo su un
locale che aveva meno di trentanni e poi attraverso una variante del
Consiglio Comunale che pose un vincolo alla facciata dell'edificio.
Unica possibilità di competenza Comunale. Non servì allo scopo di
salvare la birreria e col senno di poi, unica scienza esatta, forse
non ne valeva nemmeno la pena.
Ora
che abbiamo chiarito che sull'intera vicenda il mio coinvolgimento è
zero mi preme una preghiera a tutti quelli dotati di un cervello più
piccolo di quello di un cefalo otragano.
Se
siete alla disperata ricerca di qualche mio scheletro nell'armadio
per potervi consolare delle vostre incompetenze e incapacità, dovete
applicarvi di più. Non sarà di sicuro qualche balla raccontata sul
Sans Souci, contro di me, che vi assolverà per tutte le cagate che
avete fatto per un piatto di lenticchie, fatevene una ragione e
andate a vergognarvi via di qua prima possibile perchè i gradesi
hanno le scatole piene.
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