Ormai
la discussione sul bando per il nuovo logo di Grado è avviata e
ovviamente non potevo esimermi dall'esternare il mio pensiero.
E'
un dato di fatto che tra i tanti mali che affliggono la nostra isola
quello della mancanza d'immagine come destinazione turistica è tra i
più gravi. Infinite volte mi è capitato di sentirmi chiedere dov'è
Grado. Questo non mi è successo in Cina o negli Stati Uniti ma a
Milano, Verona, Firenze e ultimamente a Bologna. Se per un paesino di
ottomila anime sperduto nel delta del Po potrebbe essere normale, per
una località che può fregiarsi di una storia turistica
internazionale plurisecolare e di una archeologica plurimillenaria di
sicuro denota qualche crisi di identità. Località come Portofino,
Rapallo, Porto Cervo, Forte dei Marmi non hanno bisogno di essere
spiegate geograficamente a un Milanese. Grado purtroppo sì. Dover
spiegare che si affaccia sul mare Adriatico tra Trieste e Venezia e
vedere le facce ancora sorprese per poi tranquilizzarsi alla frase
“vicino a Lignano” è avvilente. E pensare che poco più di
vent'anni fa Grado risultava prima spiaggia in Italia nella
classifica di Lega Ambiente.
Ora
apprendo che il giovane assessore al turismo gradese ha deciso di
trovare un nuovo “logo” per rilanciare l'immagine turistica
dell'isola. Apro una parentesi per precisare che il termine “giovane”
lo intendo in una accezione positiva parlando di turismo. Molto meno
positivo, invece, ritengo l'intenzione dell'assessore di partire
proprio dal logo per mettere in cantiere una politica di rilancio
dell'immagine di Grado. Oltretutto iniziativa avulsa da un progetto
generale condiviso con i principali protagonisti del settore
turistico.
Ho
provato a fare una semplice ricerca su Google Immagini, digitando:
Ibiza, Formentera, Saint Tropez, Porto Cervo, Mykonos, Santorini e in
nessuna di queste ricerche è apparso un logo o un marchio di
qualsivoglia forma o tipo. Stiamo parlando di destinazioni turistiche
di livello mondiale.
Allora
la mia triste conclusione è che il “giovane” assessore deve aver
scambiato la promozione di una destinazione turistica con prodotti di
largo consumo come la schiuma da barba e i preservativi o nel suo caso i Chupa Chups.
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