venerdì 6 aprile 2018

C'ERA UNA VOLTA IL SANS SOUCI


Ogni tanto, apparentemente a caso, qualcuno se ne esce con la domanda: ma chi ha fatto chiudere il Sans Souci e chi ha autorizzato la trasformazione in condominio? In realtà non è un caso, succede sempre quando io mi diverto a fanculare qualche ex amministratore per le “cappelle” fatte che arriva il “finto tonto” di turno a mollare il nero come le seppie nella speranza di confondere le acque.
Visto che questa sera l'offerta televisiva è scarsa e che l'episodio del Commissario Montalbano l'ho già visto mi rilasserò a darvi la mia versione sulla vicenda Sans Souci, sfidando quei quattro pirla che non conoscono la differenza tra una birreria e un albergo a dimostrare il contrario.
Per chi ancora non lo sapesse, ai tempi in cui l'edificio è stato trasformato io ero l'assessore all'urbanistica e all'edilizia privata.
Chiariamo subito un punto fondamentale: una birreria non ha bisogno di nessuna autorizzazione da parte del Comune per chiudere, casomai per aprire. Il Sans Souci ha chiuso perchè la gestione non era remunerativa e su questo nemmeno se il sindaco fosse stato Padre Pio si poteva fare alcun che. Chi tra  quelli che da trentanni si stracciano le vesti per la perdita di una birreria così bella avrebbe potuto prendersela in gestione invece di piangere inutilmente.
Il Sans Souci non aveva nessun vincolo ne architettonico, storico o monumentale ne di destinazione d'uso a parte la sala da ballo che in prima battuta non fu interessata dalla ristrutturazione. Essere belli spesso non basta.
I piani superiori erano adibiti a residenza già all'epoca dell'apertura del famoso locale. Il piano terra era classificato come locale commerciale e di conseguenza per essere trasformato da Birreria in negozi non ha avuto bisogno di nessuna autorizzazione da parte di sindaci, assessori o funzionari vari. L'operazione necessitava di semplice concessione edilizia per i lavori di modifiche interne. Atto dovuto in quanto conformi al regolamento edilizio. Stesso discorso per i piani superiori.
Come dicevo l'unico vincolo era quello della sala da ballo che fu tolto con una variante al piano regolatore da Marin, c'era da accontentare un assessore trombato... e un amico di merende, quello delle merende era l'ex “Pin Pon” di viale Regina Elena.
In effetti un vano tentativo di mettere i bastoni tra le ruote alla trasformazione lo tentammo. Prima attraverso la Sopraintendenza che si mise a ridere alla nostra richiesta di porre un vincolo su un locale che aveva meno di trentanni e poi attraverso una variante del Consiglio Comunale che pose un vincolo alla facciata dell'edificio. Unica possibilità di competenza Comunale. Non servì allo scopo di salvare la birreria e col senno di poi, unica scienza esatta, forse non ne valeva nemmeno la pena.
Ora che abbiamo chiarito che sull'intera vicenda il mio coinvolgimento è zero mi preme una preghiera a tutti quelli dotati di un cervello più piccolo di quello di un cefalo otragano.
Se siete alla disperata ricerca di qualche mio scheletro nell'armadio per potervi consolare delle vostre incompetenze e incapacità, dovete applicarvi di più. Non sarà di sicuro qualche balla raccontata sul Sans Souci, contro di me, che vi assolverà per tutte le cagate che avete fatto per un piatto di lenticchie, fatevene una ragione e andate a vergognarvi via di qua prima possibile perchè i gradesi hanno le scatole piene.

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